Comprendere l’aggressività nelle prime interazioni tra bambini (fascia 0-3 anni)
A partire dai 18 mesi, i bimbi iniziano le prime brevi interazioni con i coetanei: l’altro inizia a destare interesse e curiosità e, insieme a tali emozioni, nasce inevitabilmente anche il rischio di conflitto. Non si può pensare certamente di evitare il litigio, che è parte normale e sana delle relazioni con gli altri. Con il nostro aiuto, però, il bimbo può superare la fase di conflitto e di aggressività, trovando la propria strada nella modalità di interagire con l’altro.
Questo apre un’altra nuova finestra nell’osservazione dei nostri bimbi piccoli: una finestra sul mondo delle relazioni, della socializzazione. Esiste l’altro, lo vedo , lo imito, ci interagisco, lo tocco, lo annuso (ricordiamoci che i bambini studiano molto il nuovo attraverso il tatto, l’olfatto, ci si tuffano, hanno una fisicità molto ben sviluppata), l’altro fa divertire, incuriosisce ma crea anche disturbo perché rallenta a volte i nostri bisogni..
Come è facilmente immaginabile, un bambino non deve sviluppare solo ossa, muscoli ma anche il suo cervello è ancora piuttosto primitivo e questo si vede nell’immaturità di certi processi, come il saper riconoscere un’emozione, attendere quando si ha un bisogno… Queste sono acquisizioni lente, che necessitano dell’acquisizione di un meta pensiero; quindi non siamo di fronte ad un bambino cattivo, violento, abituato male, viziato, se capita che il bimbo morda, spinga mentre gioca con altri bambini, o si rifiuti di prestare giochi ecc.
Il comportamento non è problematico fino a 4 anni di età, dopodiché, se permane, possiamo cercare di capire meglio davvero il contesto familiare, o alcuni aspetti legati al temperamento.
Prima di tale periodo, invece, si tratta semplicemente di immaturità cerebrale ( per quanto il nostro bambino ci sembri il più maturo, bravo, intelligente) e di prime prove di socialità. Come ogni prima prova, spesso l’inizio è catastrofico (pensate alla prima torta cucinata, al primo giorno di lavoro).
Il conflitto, come già evidenziato, è parte integrante delle relazioni, senza di esso non si possono definire ruoli e movimenti all’interno della danza relazionale. E’ un passaggio inevitabile per imparare a costruire relazioni, altrimenti si cresce con l’idea che, per coltivare rapporti, o si subisce o si domina sull’altro continuamente. Come non possiamo volere che i bambini siano amici di tutti, prestino tutto a tutti, non è così neppure per noi adulti. Certo è importante insegnare loro la gentilezza, il rispetto ma lasciare che possano scegliere piano piano con chi è quando condividere ciò che è loro. Prima, però, c’è la fase di possesso (“è mio”), poi l’apertura allo scambio. E’ utile, comunque, che il genitore dedichi sempre un pò di tempo a riparare, dopo un litigio.
Ecco, quindi, che ci siamo tuffati dentro il “mare dell’aggressività”, che è l’altra faccia della medaglia della socializzazione, almeno in questa prima fase. Togliendo innanzitutto l’etichetta di “cosa brutta, imbarazzante”.
Se si pensa al significato etimologico, aggredire vuol dire “andare verso”, senza l’accezione negativa che oggi noi gli diamo.
Prima di addentrarci nella fase di crescita di nostro figlio, chiediamoci però che rapporto abbiamo noi con l’aggressività.
Con gli altri, tendiamo a subirla o ad agirla? Proviamo imbarazzo di fronte ai capricci, alle urla o quando fa male ad un altro bimbo?
La capacità di entrare in giusta risonanza con le nostre emozioni, di risolvere il conflitto, di essere empatici e fornire cure amorevoli da parte dei genitori, riduce di molto i comportamenti aggressivi e diminuisce anche il rischio di comportamenti antisociali e bullismo in adolescenza.
Come si manifesta la rabbia e l’aggressività nelle varie fasi di crescita?
- 18 mesi fino ad allora il bambino non sa esprimersi bene attraverso il linguaggio e, anche per questo, le sue reazioni sono molto fisiche. Spesso mordono, spingono, strattonano per manifestare che una cosa non va loro bene. Ovvio che questi comportamenti non vanno incitati, né minimizzati, però non colpevolizzare perché non c’è intenzionalità di far male o cattiveria. Semplicemente il bimbo vede un ostacolo ai suoi bisogni e, come può e come per ora sa fare, tenta di rimuoverlo. Il morso, ad esempio, veicola emozioni intense a questa età, anche molto diverse tra loro. Può significare rabbia ma anche, viceversa, sancire un momento di felicità e affetto forti. Fino a tre anni, la bocca è lo strumento privilegiato attraverso cui i bambini conoscono il mondo, quindi il morso, fino a tale periodo, è in linea con la fase evolutiva. Questo non significa libertà, viva il morso, farla facile insomma se il bimbo morde o torna a casa morso. Vuol dire non ragionare con le logiche di un adulto, pensando che il proprio figlio sia cattivo e, viceversa, che l’amichetto di turno lo sia, invitando il figlio a non giocarci più insieme. Bisogna quindi innanzitutto capire cosa ha scatenato il gesto. Se lo ha scatenato la rabbia, fermamente dire NO, allontanare il bimbo e poi, una volta calmato, farlo ragionare con semplici parole sull’accaduto, dando modalità alternative di interazione con l’altro ( MA NON CRITICARE; GRIDARE O UMILIARE IL BIMBO CON FRASI TIPO “MALEDUCATO; CATTIVO; COSA HAI FATTO”). Se invece il gesto è dettato dalla gioia, si riformula bene questo sentimento del bambino, per fare chiarezza in lui ma anche per fargli sentire che ci siamo, siamo sintonizzati con lui, abbiamo capito. Possiamo dire, ad esempio: “ lo so che sei felicissimo di aver trovato Marco ai giardini, è il tuo amico e gli vuoi molto bene…allora non morderlo, che gli fai male, fai una carezza o abbraccialo così (e si mostra il gesto facendolo a lui).
- Intorno ai 2 anni invece l’aggressività comincia ad essere intenzionale, è ancora molto fisica e rivolta soprattutto a mamma e papà (le interazioni con i pari sono ancora brevi, sporadiche e il gioco è soprattutto individuale), da cui i bambini hanno bisogno di separarsi per affermare la propria individualità e conquistare il loro posto e questo sentimento coincide, dunque, con il processo di costruzione del sé, che inizia proprio adesso.
- Dai 3 anni la rabbia è rivolta spesso verso i coetanei perché i bimbi interagiscono di più tra loro, cominciano i primi gruppi di gioco libero e simbolico ed è, in questa fase, uno dei modi privilegiati con cui i bimbi provano a farsi spazio all’interno di un gruppo. I bambini non devono essere lasciati soli ad affrontare la rabbia, anche se è un sentimento sano e naturale. Occorre intervenire solo quando realmente serve, non partendo sempre in difesa o in attacco a prescindere, perché si sa che andrà a finire così..questo per far sì che il bimbo acquisti quella sua sicurezza, la sensazione di sapere cosa deve fare e come muoversi. Tra poco vedremo cosa possiamo fare per non essere, né noi né loro, sopraffatti dalla rabbia.
Non una ma tante forme di aggressività
Abbiamo visto come l’aggressività cambia in base all’età, ora, prima di pensare insieme quali strategie sono migliori di altre per sopravvivere in questo mare rosso di aggressività, vediamo quanti colori e sfumature ha questo sentimento nella fase 0-3 anni, con l’idea che, prima di intervenire ( questo è il motivo per cui tante ricette magiche o piccoli regolamenti che leggiamo su internet spesso non funzionano e dopo tre giorni torniamo a fare come sempre!!), occorre capire cosa ha scatenato quel sentimento, altrimenti non siamo consapevoli di quello che sta accadendo al bambino (e a noi) ma attuiamo solo un protocollo “spegni rabbia” senza comprenderne realmente il senso.
1)Aggressività con senso
Quella che ci interessa a scuola, ai giardini, nelle relazioni interpersonali tra pari ma anche a casa, mentre gioca con il fratellino, con i nonni…
Come abbiamo detto all’inizio il cervello (soprattutto la parte superiore del cervello, quella che rielabora le informazioni e media gli istinti, parte sotto amigdala, quella che direttamente ci fa sentire rabbia, dolore, frustrazione: cervello come una casa a due piani, nel bambino la parte sotto e quella sopra non sono ben collegate, come se la scala fosse ancora da costruire) del bambino è immaturo, le emozioni piuttosto primitive per cui questo tipo di aggressività è quella che nasce in risposta a qualcosa che non va come lui vuole o si immagina e ha 3 significati base: mi difendo, aggredisco/attacco, tento a farmi le mie prime amicizie ma a un certo punto le cose mi sfuggono di mano, non so come si fa, non l’ho mai fatto…
Consideriamo che questo tipo di aggressività si riduce proporzionalmente alla capacità maggiore di parlare, acquisendo maggior lessico e strumenti altri rispetto al corpo. Questo tipo di aggressività ha una dimensione prettamente relazionale, se non c’è l’altro, difficilmente sorge, per cui non prendiamola male, ad esempio, se al nido è aggressivo, non partiamo subito sulla difensiva dicendo “non è vero, a casa non lo fa mai!”
2) Aggressività senza senso
Può nascere quando il bimbo è da solo o in compagnia, spesso sembra senza motivo e ci destabilizza molto perché, proprio perché non c’è apparente causa, tendiamo più facilmente ad incolpare noi stessi o il bambino, insomma non ci sono neppure attenuanti generiche, che a noi mamme tranquillizzano sempre. E non è detto che nasca dal confronto diretto con altri bimbi..tanto che l’educatrice, il nonno, vi può dire: “era lì che giocava sereno da solo con la macchinina e, senza che nessuno gli avesse detto nulla, l’ha lanciata..mah, qui c’è da preoccuparsi..”.
I bimbi piccoli (18-24) lo fanno anche solo per sentire l’effetto di una loro azione: ” se lancio questo oggetto, cosa succede?” Può, però, essere data anche da uno stress crescente che il bimbo ha dentro e che, ad un certo punto, deve uscire in qualche modo perché causa disagio e non riesce più a sopportarlo. Andando un po’ a ricostruire la scena del crimine, si notano spesso due situazioni opposte ma simili negli effetti: a) il bimbo era a lungo nella NOIA, senza stimoli, senza presenze vicine, senza invito ad un’attività e ha rotto tale emozione con un gesto aggressivo, che rimettesse in circolo un po’ di vitalità, movimento, come via di fuga da qualcosa di spiacevole; b) il bimbo è immerso da troppo tempo in stimoli disturbanti, che lo attivano, che non danno quiete (musica alta, rumori forti in genere, ambiente nuovo, liti, confusione data dagli altri bimbi a scuola, al parco, ad una festa..), non tutti i bambini si sentono protetti in tali ambiente sovrastimolanti e vanno in stress. Per ripristinare questo equilibrio, arriva l’insensato gesto di rabbia; è il segnale che si è offerto al bimbo troppi stimoli e, non sapendoli decifrare così velocemente, è andato in sovraccarico emotivo.
Sapere questo è molto utile perché diventiamo consapevoli che, se per esempio, portiamo nostro figlio ai gigli, al ristorante, poi ai giardini..forse questo attiverà troppo l’ormone dello stress e diventerà aggressivo o nervoso (mentre altri bimbi, più attivi, ci vanno a nozze e va bene così), quindi potremo semplicemente prevenire, in questo caso.
Dott.ssa Giulia Lotti
Psicologa-Psicoterapeuta