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Qualche giorno fa, mi sono persa in libreria.

ti-voglio-bene-anche-seOgni volta che ho un pò di tempo libero, senza dita che devono battere lettere sulla tastiera, mani indaffarate a tenere borsoni da calcio, passeggini e bambole, fazzoletti per gli eterni raffreddori, mi chiedo come poter investire quello spazio, fisico e mentale, in modo da trovare un pò di nutrimento da rimettere in circolo poi, trasformandolo in energia buona per me e per gli altri.

Ed è stato da questo girovagare tra i pensieri, che è partito il mio perdermi tra libri di vario genere: letteratura per l’infanzia, testi di psicologia, classici che da tempo mi promettevo di acquistare.
Da quel giorno, mi sono trovata spesso a posare lo sguardo sui libri scelti, uno per me, uno per i miei bambini, trovandoli molto simili, per quanto strano possa sembrare.
“Memorie di una ragazza perbene”, di Simone de Beauvoir mi porta dentro un racconto autobiografico, attraverso un’infanzia vissuta nella Parigi dei primi del 900, scandagliando emozioni e figure di riferimento di una bambina che si affacciava alla vita.
Il libro inizia con una fotografia delle prime esplorazioni e interazioni con il mondo, da parte dell’autrice.
I ricordi sono orientati da una vivida percezione di aver potuto guardare il mondo con curiosità e, al tempo stesso, protezione, “al riparo”, per usare le sue stesse parole.
Quel conforto, quel riparo, la base sicura da cui partire e tornare, era offerta dalla figura di Luise, la balia.
L’autrice la disegna così, con le parole di una bambina innamorata: “Ella, o almeno così credevo io, non esisteva che per vegliare su mia sorella e su me, non alzava mai la voce, non mi rimproverava senza ragione…Verso sera, Louise si sedeva accanto a me, mi mostrava delle figure e mi raccontava delle storie. La sua presenza m’era necessaria e mi pareva naturale quanto la terra su cui posavo i piedi”.
Immagino, con il proseguire delle pagine e con i ricordi intrecciati ad altre storie di vita, ai racconti che ho il privilegio di accogliere durante il mio lavoro, che quella bambina sia divenuta una ragazza e poi una donna libera di maturare le proprie scelte, vivere secondo il personale sentire, non perdendo mai la sicurezza delle proprie radici, conservando il calore di quegli occhi benevoli orientati, come un faro, su di lei.
L’essere nutrita, accudita, stimolata con amore, voglio credere che abbia fatto di lei un’adulta capace, a sua volta, di nutrirsi, accudirsi, guardarsi con amore..
Questo pensiero mi sposta sull’altra lettura, di Debi Gliori, “Ti voglio bene anche se..”, i cui protagonisti sono Maxi e Mini, un piccolo volpotto e la sua mamma.
Apparentemente due mondi separati: Simone de Beauvoir cosa potrà mai aver avuto in comune con un libro cartonato sulle volpi?
Eppure, quest’ultimo libro l’ho acquistato pensando “ai grandi”, a me stessa, alle persone incontrate in terapia e stupite dal fatto di poter parlare senza che io mi preoccupassi di emettere un verdetto, un giudizio che li assolvesse o li condannasse…e non dico questo per onnipotenza ma per l’antico timore, che in molti conosciamo, che l’amore debba essere un qualcosa da meritare, da guadagnare dando altro in cambio.

L’ansia, il bisogno di controllo, la dipendenza emotiva, i disturbi alimentari credo che abbiano una storia in comune: è la storia di una piccola volpe piantagrane, a volte goffa, che strilla, si arrabbia, si comporta come non dovrebbe e chiede, impaurita, alla mamma se l’amore che prova per lei avrà mai fine o potrà essere oscurato da un atteggiamento sbagliato, da errori commessi.
E dopo varie prove d’amore, dopo aver presentato alla mamma il peggio di sé, dopo essersi accertata che le vorrebbe bene anche se diventasse un terribile coccodrillo o un orso mangia ossi, Mini chiede: “Ma l’amore si consuma? Se si scolla, si riattacca? Se si rompe, se si strappa, poi si aggiusta, si rattoppa?”
Maxi, abbracciandola, risponde. “Non lo so. Quel che penso io però è che per sempre ti amerò”.
La radice di molta della sofferenza dei grandi, anche se può prendere la forma di un respiro che non fluisce, del bisogno di ordinare e sistemare, del minuzioso controllo del cibo da ingerire, del bisogno di trovare negli occhi compiacenti di un altro la misura del proprio valore, appartiene a quel bisogno frustrato o accolto in modo intermittente, di sentire amore a prescindere dagli sbagli.
Trovare una volpe capace di abbracciare al termine di un capriccio, di contenere una rabbia che pare esplodere con la forza di un tornado, sentire che si è voluti nonostante non si risponda sempre ad un ideale, permette di crescere con la consapevolezza delle proprie emozioni e con quel tanto di sicurezza che ci consente di misurarsi con le piccole- grandi esperienze di dolore e fallimento, senza sentirsi sopraffatti.
Simone de Beauvoir e le volpi della storia, forse nella mia libreria a volte si parlano, si raccontano che è difficile essere per l’altro una “presenza”, una bussola costante e rassicurante..sicuramente la mamma volpe avrà detto all’autrice che non sempre riesce ad essere quello che Louise rappresentava per la piccola Simone..due occhi benevoli sempre orientati su di lei.
Simone la rassicurerà, dicendole che, in fondo si cresce anche se, a volte, quegli occhi adulti si distraggono lungo il cammino e che ciò che è stato perduto può essere recuperato.
Il cervello umano, infatti, ha la caratteristica di essere plastico, continuamente modellabile sulla base delle esperienze e sulle presenze significative che, di volta in volta, costellano il nostro cielo….per cui le connessioni a volte perdute tra adulto e bambino, possono essere recuperate o compensate con altre reti, altre positive interazioni tra esseri umani.
Nulla è perduto, dice forse Simone alla mamma volpe…c’è sempre spazio dentro di noi per nutrire quella radice che ci ricorda di appartenere a qualcuno, che ci rammenta di amarci e amare anche se imperfetti, che ci fa smettere di lottare strenuamente per raccogliere consensi, che ci instilla il dubbio che l’amore non sia una cosa misurabile con punteggi di merito.

Giulia Lotti,

Psicologa-Psicoterapeuta

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